martedì 1 gennaio 2013

triplice: piace da morire


Il Triathlon è uno sport da pazzi? E' lecito chiederselo, dato che è nato come scommessa sommando le tre gare più impegnative delle Hawaii: nuoto in acque libere a Waikiki, bici su lunga distanza e maratona a Honolulu.

Non lo è più da quando è diventato uno sport olimpico, praticato per lo più da professionisti e da atleti agonisti.
E da quando si gareggia anche su distanze ridotte rispetto alla formula originaria: 25,75km (detto sprint) e 51,50km (lunghezza olimpica), distanze sicuramente più abbordabili per gli esordienti.

Non è azzardato dire però che si tratta di uno sport pericoloso, se viene praticato da persone che gareggiano senza adeguata preparazione o controllo medico.
Proprio come alla genesi - per altro recente - di questo sport: farlo per scommessa.

Peccato però che alla prima gara nel 1977 hanno preso il via 14 partenti, mentre oggi ci sono gare che vedono al tuffo iniziale 3.000 nuotatori: per esempio il triathlon della città di New York City dove ci hanno lasciato la pelle due partecipanti nel 2011 (26 sono stati ripescati vivi) e uno nel 2008.
Per quanto sia imponente e professionale l'organizzazione, gestire una tale quantità di nuotatori non è per nulla semplice, sopratutto se fino a ieri alcuni di questi hanno nuotato solo nella piscina sotto casa.
E nuotare in acque libere è ben diverso che farlo in una vasca.
Ma anche la sessione su ruote non è uno scherzo, sopratutto negli eventi dove la scia fra ciclisti è consentita: si formano "nuvole" di corridori che stanno appiccicati alla ruota davanti per tagliare meglio l'aria, viaggiando così più veloci con minor fatica.

E per farlo in sicurezza ci vuole una certa perizia, vedi questo video esplicativo (thanks to http://www.cycling-secrets.com/):



Comunque per capire meglio cosa passa per la testa a 'sta gente provate a dare un'occhiata al post come riconoscere un triathleta.

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